Consapevolezza e Professionalità dei Ristoratori al Servizio della clientela.

Oggi voglio  usare il mio blog come “arma” virtuale, per  fare un ammonimento nei confronti di tutti i gestori di servizi di ristorazione che sottovalutano la realtà relativa alla celiachia, alle allergie, alle carenze enzimatiche e intolleranze alimentari in senso lato. Mi è spesso capitato di assistere a episodi a dir poco riprovevoli in cui i camerieri non erano informati  in relazione agli ingredienti presenti nei piatti, in cui gli chef negavano informazioni riguardanti la presenza o meno di alcuni ingredienti in una preparazione celandosi dietro al presunto diritto al segreto sulle proprie ricette, o ancora in cui veniva portato  al tavolo un piatto presentato come maiale che era in realtà carne di agnello. Altri episodi, ancora, in cui il personale di un self service dichiarava di utilizzare nelle  preparazioni il solo olio extravergine di oliva e, invece, ad una richiesta più specifica e puntuale ammetteva che effettivamente solo in alcuni piatti impiegava anche l’olio di girasole o di mais. Pare che non ci si renda conto della potenziale pericolosità,  per la salute delle persone, di atteggiamenti e comportamenti simili. La clientela adulta pur essendo sempre esposta alla pericolosità della situazione è forse più consapevole e attenta ma che dire dei bambini? La cronaca riporta spesso casi di epiloghi tragici di feste fra bambini, dovuti spesso a episodi di shock anafilattico. Altri casi in cui vi è contaminazione dei piatti con ingredienti estranei a quelle preparazioni. La poca informazione in sala e in cucina e la poca attenzione nelle stesse sedi è potenzialmente  letale ai clienti del locale stesso. Non esiste un diritto al segreto sugli ingredienti  che possa travolgere il  più importante diritto alla salute. Tacere la presenza di condimenti diversi rispetto all’olio d’oliva non è un “dolus bonus” ovvero un’innocua furbizia del venditore per esaltare la propria merce ma è un vero e proprio messaggio ingannevole potenzialmente lesivo dell’ altrui diritto alla salute.

Il lavoro dei camerieri, inoltre, deve essere svolto  con atteggiamento e comportamento professionale e volto a fornire informazioni precise ed esaustive circa i piatti che vengono serviti nei ristoranti e locali in cui svolgono la loro professione. Tutto ciò è necessario e imprescindibile per offrire comfort e sicurezza al cliente moderno che purtroppo va incontro a proprie spese ai disservizi e rischi connessi alla sua patologia.

I locali che offrono un servizio di ristorazione, infatti, non rappresentano soltanto luoghi in cui poter consumare un buon pasto ma anche e soprattutto luoghi in cui potersi rilassare e vivere così un’esperienza positiva che coinvolga i sensi senza doversi preoccupare del proprio stato di salute  e dei rischi connessi alla mancanza di professionalità del personale o della probabile altrui imperizia e negligenza.

Questa alchimia di sapori e relax deve, dunque, essere magistralmente orchestrata dallo staff del ristorante che, dunque, dovrà essere preparato per quanto concerne i rischi legati alla propria professione e  dotato della lista degli ingredienti dei piatti, dovrà, inoltre, essere gentile, disponibile ed educato, empatico e rispettoso della privacy e per quanto possibile conoscere le lingue e le usanze relative alle diverse nazionalità. Dovrà rispettare le tempistiche di servizio sia per quanto concerne il rispetto dell’ordine delle precedenze in riferimento ai tempi di ordinazione che per quanto concerne l’accortezza di servire tutti i commensali di uno stesso tavolo contemporaneamente. Per fortuna non tutti i locali e ristoranti sono destinatari di questo monito. Molti Ristoranti e locali sono gestiti in maniera attenta e professionale e sono l’orgoglio della nostra Italia nel mondo!

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Is Caschettas

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Quando ho organizzato la festa del mio matrimonio avevo tante incertezze e tre sole sicurezze: Desideravo festeggiare in una casina di pietra immersa nel verde,  i fiori sarebbero stati  lisianthus bianchi e rose lilla e fra i dolci ci sarebbero state le Caschettas.

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Le Caschettas  sono dei dolci Sardi della zona di Aritzo e Belvì   dette appunto: “Dolci della Sposa”. Questi dolci hanno una forma particolare (in quanto arrotolati come una serpentina) e sono davvero bellissimi e buonissimi oltre che benauguranti. Gli ingredienti principali sono le nocciole e il  miele. Oggi vi darò la ricetta per prepararle  per sei persone.

Ingredienti per sei persone:

600 grammi di farina 00

300 grammi di nocciole di Aritzo

200 grammi di miele sardo di corbezzolo

La scorza di un limone biologico grattugiata

Un pizzico di sale

Acqua tiepida q.b.

Un goccio di liquore “Villacidro”

Procedimento:

Preparare la pasta violata impastando la farina con lo strutto e acqua  tiepida sino ad ottenere un impasto omogeneo ed elastico che andrà fatto riposare per venti minuti e poi  reso sottilissimo con l’uso di una sfogliatrice per la pasta fatta in casa. A parte preparare il ripieno. In un contenitore capiente mettere le nocciole tostate e macinate, il miele, la scorza del limone e il liquore e amalgamare il tutto. Formare con una rotellina tagliapasta sfoglie allungate che dovranno essere riempite con l’impasto ripiegandone poi i bordi, in modo da contenerne il ripieno, e dovranno poi essere arrotolate fino a formare delle serpentine. Far cuocere in forno a meno di 100 gradi. Le caschettas, inoltre, potranno essere decorate con delle palline di zucchero colorate.

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L’uomo è un animale razionale? Prova empirica al gusto di fragola.

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Da sempre mi è stato insegnato che ciò che distingue gli uomini dagli animali sia la ragione. Il fatto che l’uomo non sia guidato dal solo istinto ma anche e soprattutto dalla ragione,  veicolatomi come una verità di fede, era entrato a far parte subdolamente del mio bagaglio culturale ed aveva assunto il grado di verità incontrovertibile. Ebbene tenetevi forte non è sempre così….L’uomo non è sempre razionale. Ad esempio, l’informazione presente sul web, la televisione e i giornali hanno convinto i più del fatto che lo zucchero bianco non andrebbe consumato poiché le lavorazioni a cui viene sottoposto lo rendono nocivo per il nostro organismo ma cosa facciamo quando siamo al ristorante e vediamo una torta della nonna cosparsa da zucchero a velo che ci strizza l’occhio dal carrello dei dolci? O ancora sappiamo che il grasso sul punto vita è in assoluto il più pericoloso per il nostro organismo e che dobbiamo, dunque, mantenere regimi di alimentazione controllati e fare sport ma  chi non ha mai ceduto  alla pigrizia o al piacere di un piatto “proibito”? Non siete convinti? Facciamo un altro esempio…parliamo di coloro che si professano ecologisti e tutti i giorni cedono alla comodità della propria macchina…Ma perché tutto ciò accade? Perché se il sillogismo lo compiamo correttamente (Gli zuccheri raffinati fanno male, la torta della nonna contiene zuccheri raffinati ergo fa male) poi non siamo in grado di controllarci? Ecco la parola chiave è controllo…La mancanza di controllo crea una discrepanza fra il nostro atteggiamento e il nostro comportamento. Io oggi, dunque, ho un mio obiettivo personale. Intendo dimostrare a me stessa di avere un ottimo controllo e in tutto il giorno mangerò solo un frullato di latte e frutta… Ci riuscirò? Magari esercitandomi sulla mia capacità di controllo mi rimetterò in forma per l’estate…speriamo bene!!!!

Ingredienti:

  • 300 ml di latte
  • un cucchiaio  abbondante di miele
  • dieci fragole grandi o 15 se piccole
  • mezza banana
  • un pizzico di cannella

Passeggiando e Visitando i Luoghi della mia Città

Camminare per le strade della propria città è  un po’ come mangiare il proprio piatto preferito. Si conosce già quel sapore ma ogni volta si rinnova il piacere di riscoprirlo.  Dona il senso di sicurezza e confidenza proprio di una storiella narrata ad un bambino che già la conosce ma che  ama sentirla perché già sa che quella storia ha un lieto fine. Angoli della nostra città che ad un turista sembrerebbero luoghi anonimi, hanno  per noi il sapore nostalgico della nostra infanzia, del gelato mangiato al parco con i nonni, della spesa al mercato con la mamma, delle prime uscite notturne nei locali, della volta che con l’amica si è uscite in centro da sole per la prima volta e della prima volta che siamo andate al cinema o a studiare in biblioteca. Ogni angolo parla di noi e spesso di un’ intera generazione di ragazzi e delle consuetudini degli abitanti di una città, un paese o semplicemente un rione. Alcuni luoghi sono addirittura identitari per tutti gli abitanti di una città perché ci si rispecchiano e ci si riconoscono. Per noi Cagliaritani, ad esempio, è importante il nostro mare  e la spiaggia del Poetto, la sella del diavolo, il bastione, i nostri parchi e tanti altri luoghi ancora. Ho abitato per brevi o lunghi periodi in tanti posti differenti nella mia vita e ho sempre cercato di mettere da parte l’occhio del turista per vivere sempre appieno le reali abitudini e modi di vivere degli abitanti della città. Ho cercato di farmi entrare sottopelle lo spirito del luogo, fatto da uno scandire del tempo diverso, abitudini differenti, profumi nuovi, accenti per me inconsueti e nuovi intrecci di relazioni più o meno profonde. Ho individuato fra tante la caffetteria in cui il caffè aveva il sapore più intenso, la pizzeria in cui la pizza era più sottile e croccante, il parco che riesce a calmarmi e riempirmi il cuore quando la giornata delude le mie aspettative, il locale dove si incontrano le persone dopo il lavoro,quello dove nascono nuovi amori e quello più adatto per cominciare una vita insieme con una proposta di matrimonio, il panificio col profumo migliore e il pane sempre caldo. Vivere un luogo è molto diverso dal vedere le cose che devono essere viste come si fa in brevissimi viaggi; significa entrare a far parte del tessuto sociale, respirare piano assaporando ogni istante, fermarsi ad ascoltare le chiacchiere di due anziane signore che raccontano come si viveva ai loro tempi, andare al mercato e farsi convincere dai commercianti ad assaggiare tutto quanto ancora non conosci e godere nel vederli inorgogliti quando  dopo l’assaggio leggono sul tuo viso, prima ancora che tu lo dica, il gradimento. Oggi voglio condividere con voi qualche foto della mia Cagliari così come la vede il cuore di chi c’è nato e cresciuto, senza alcun intento di mostrare solo il bello oggettivo e con la speranza che un giorno verrete a conoscerne dal vivo i colori, i profumi, gli accenti, la luce e le particolarità della mia Cagliari che fa parte di me come io faccio fieramente parte di lei.

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Amiche e Peccati di Gola…

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A volte le giornate grigie e senza sole, quelle in cui sei vittima del tran tran quotidiano e ti sembra di sapere già come andranno a finire possono, invece, sorprenderti e illuminarsi di una luce abbagliante! Basta qualcosa di imprevisto che rompa la monotonia! Basta un pensiero di affetto dalle persone a cui vuoi bene… Ebbene, da poco ho vissuto uno di quei rari e perciò fantastici giorni in cui questa alchimia si è compiuta! Qualche giorno fa, infatti, tornando a casa dopo una giornata di pioggia e apparentemente routinaria ho trovato una meravigliosa sorpresa! Le mie splendide amiche  e colleghe enogastronome Anna, Claudia e Letizia, mi avevano spedito dalle Marche una grande scatola con all’interno due prodotti  a cui durante il Master ero particolarmente affezionata: lo zucchero aromatizzato e il Pink! Il Pink è uno Spumante Rosato Brut della  piccola cantina marchigiana di S. Strogolo  spumantizzato con metodo Martinotti e composto al 90% da  Montepulciano e per il rimanente 10% da Sangiovese. Ho sempre adorato la sua femminilità con il suo colore rosa tenue, la sua freschezza, il  fine perlage e i suoi aromi di pesca, mela e miele. Un vino così non poteva che chiamarsi Pink! Non vi tedierò con ulteriori dettagli sul vino ma aggiungerò soltanto che oggi lo amo ancor di più perché legato a momenti felici e spensierati, al ricordo di affetti autentici e di notti magiche in riva al mare a Porto Recanati, ad aperitivi nei locali fatti più di chiacchiere che di vino! Chiacchiere di vino, di cibo, d’amore e di vita in generale.

Gli zuccherini poi…parlano da soli!!! Evocano il pensiero delle tisane alla frutta e spezie consumate fra una chiacchiera e l’altra in pigre giornate invernali. Oggi però l’ispirazione è stata tutt’altra! Ho trovato in una piccola bottega vicino casa una piccola cassettina colma di invitanti fragolone di un intenso e profondo color rosso acceso! Non ho potuto e saputo trattenermi!

Le ho portate a casa con la felicità e l’amore di un bambino  che raccoglie un gattino bagnato dalla pioggia per portarlo a casa!  Ho poi comprato una panna fresca di produzione locale e la magia era completa ancor prima di assemblare gli ingredienti! Ho montato la panna con lo zucchero aromatizzato ai frutti di bosco, ho lavato e tagliato le fragole “et voilà” ingrasso solo a guardarla!

fragole con panna

Fra l’immagine in pieno stile Bridget Jones, che se le mangia da sola sul divano di casa piangendo se stessa, e quella della “femme fatale” (decisamente meno sfigata), che se le mangia con il marito accompagnate da un bicchiere di vino, ho  preferito  senza ombra di dubbio la seconda e, dunque, ho deciso di aspettare che tornasse a casa Antonio (mio marito) prima di aggredire questa bontà. Ovviamente la dieta comincia da domani….Ora vi lascio…ho ancora il pink che mi aspetta!

Tortini di patate

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Ingredienti per sei tortini:

  • 800 grammi di patate
  • Un etto di prosciutto cotto
  • 150 grammi di provola affumicata
  • Sale q.b.
  • Olio evo
  • Due zucchine medie
  • Mezza cipolla bianca
  • Pane grattugiato
  • Pepe nero

Procedimento:

Lavare e pelare le patate e farle cuocere a vapore.

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Nel frattempo tagliare a pezzetti piccoli le zucchine e la cipolla e metterle in una casseruola con olio, sale e zafferano e farle cuocere fino a quando si saranno ammorbidite. Quando le patate saranno pronte schiacciarle immediatamente con i rebbi di una forchetta e aggiungere sale, pepe nero e un cucchiaio di olio.

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Quando le zucchine e le cipolle si saranno raffreddate incorporare la ricotta.

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Foderare una teglia con della carta da forno e utilizzando un coppa-pasta formare dei tortini mettendo prima uno strato di patate schiacciate poi la provola e il prosciutto, poi nuovamente uno strato di patate, uno col composto di verdure e ricotta e poi a chiudere di nuovo uno di patate.

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Condire con un filo d’olio e spolverare con pane grattugiato e pepe nero e un pizzico di sale. Capovolgere e fare la stessa cosa dall’altra parte ed estrarre il coppa pasta lasciando il tortino capovolto in modo che gli ultimi strati risultino di patate e di zucchine. Procedere così per tutti gli altri tortini.

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Infornare a 180 gradi fino a far sciogliere il formaggio.

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Girelle di Ricotta e Zucchine

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Ingredienti:

  • due zucchine medie
  • mezza cipolla bianca
  • 225 grammi di ricotta
  • Un pizzico di Pepe nero macinato
  • Un uovo
  • Mezza bustina di zafferano
  • Sale q.b.
  • Provola affumicata tagliata in 8 fette dello spessore di una sottiletta
  • 4 sfoglie di lasagne fresche

Procedimento:

Lavare e tagliare le zucchine e la cipolla in piccoli pezzi. Mettere zucchine, la cipolla, il sale e lo zafferano in una casseruola con dell’olio extravergine di oliva e lasciar cuocere fino a quando le zucchine saranno morbide. Lasciar raffreddare le zucchine e le cipolle e poi amalgamarle con la ricotta.

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Valutare il sale e aggiungere un uovo avendo cura di incorporarlo bene nel composto. Stendere una prima sfoglia e mettervi all’interno due fette di provola e il composto di ricotta e verdure e nuovamente la provola e la sfoglia.

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Arrotolare la sfoglia su se stessa fino a formare un cilindro e poi tagliarlo in fette ottenendo così delle girelle che verranno poi sistemate in una teglia foderata con carta da forno bagnata e strizzata.

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Procedere allo stesso modo con le altre due sfoglie e il rimanente ripieno, spolverare con un pizzico di pepe nero e infornare a 180 gradi fino ad ultimare la cottura.

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I Colori di Cagliari: Quartiere storico di Castello

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Le nonne raccontano che  da sempre a Cagliari “ Sa passillara” è stata quasi un rito, occasione di incontro e scambio di idee oltre che di movimento all’aria aperta.

Si usciva in buona compagnia  per un giro serale nel centro cittadino.

Via Lamarmora, Via dei Genovesi e Castello in genere con il teatro lirico e la Lauc, dove si andava a ballare, pullulavano di persone Eleganti.

Le donne ostentavano fiere nuovi cappellini, gioielli, vestiti di stoffe costose e gli uomini in abito grigio e conetta a volte muniti di elegante bastone facevano mostra di se stessi e dissertavano per le vie del più e del meno godendo della frescura serale.

Le donne più anziane, invece, prediligevano via Manno e via Garibaldi per fare acquisti con le figlie presso i negozi di stoffe oppure Via Roma dove c’era la splendida Rinascente.

Anche gli strati sociali meno agiati si preparavano con i “ vestiti da passeggio” e  aspettavano con l’ansia l‘ora de sa passillara per poter uscire di casa e avere occasione di aggregazione e conoscenza.

Inizialmente i giovani passeggiavano sul tardi dopo lo studio ma dopo la guerra la voglia uscire e incontrarsi portò un mutamento nelle di abitudini cittadine e l’orario della passeggiata venne anticipato alle 17:00.

Ci si incontrava in terrapieno d’estate oppure in via Roma o nel Largo Carlo Felice dove si faceva avanti e indietro fino alle 20:00 circa. La domenica, invece,  si prediligeva andare ad ascoltare la banda al bastione.

Quattro passi nella storia e un cous cous di verdure.

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Qualche giorno fa il corso che frequento ha organizzato un’escursione a Barumini, un piccolo comune del medio campidano situato nella storica zona della Marmilla. A dire il vero più che un’escursione è stata una vera e propria gita scolastica (pulmino compreso). Che emozione! Non ne facevo una da quando con le scuole superiori partimmo per un’intensa  e coinvolgente settimana in Campania…Ad ogni modo, torniamo a noi…Dopo un breve tragitto in autobus siamo arrivati finalmente a Barumini. A Barumini, infatti, c’è un importante sito archeologico della Sardegna ove sorge il famosissimo nuraghe “Su Nuraxi”. I Nuraghi sono strutture in pietra risalenti al  XVIII secolo avanti Cristo con probabile funzione di difesa del territorio  e di aggregazione e secondo qualche autore anche di culto.

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La giornata era splendida e il sole splendeva in alto, caldo e luminosissimo, regalando colori stupendi ad un già meraviglioso scenario! I resti Nuragici sono, infatti posti, come di consueto, in un’ottimo luogo di avvistamento  della verdissima piana circostante. A quei tempi, infatti, riuscire a vedere dal Nuraghe ampie porzioni di territorio significava non solo maggiore sicurezza ma anche possesso di tutto ciò che era a portata di vista! Il mio animo romantico viene istantaneamente appagato dalla vista di tutto quel verde ornato da fiorellini di un intenso color glicine e mi si riempie il cuore al pensiero di tutta la storia che impregna quelle pietre sbozzate!  

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Un consiglio: Se non siete mai stati a vedere uno spettacolo simile prenotate subito il biglietto! Se siete Sardi poi, non potete farne a meno! Gli studiosi, infatti, sono abbastanza concordi nel ritenere che queste strutture appartengano in tutto e per tutto al popolo Sardo che già in epoche precedenti aveva dato vita alla Sardegna prenuragica e che in seguito alla scoperta e all’utilizzo dei metalli si era evoluto in forme sociali più organizzate dando origine prima ai Nuraghi a corridoio detti proto nuraghi e poi in seguito ai nuraghe oggi più conosciuti: “I Nuraghi a Tholos”.

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Purtroppo molti Nuraghi sono stati smantellati e utilizzati come materiale di spoglio a causa della legge delle chiudende e dello sviluppo della rete stradale così oggi molti sono scomparsi e molti altri sono rimasti incompleti. Il nuraghe “ Su Nuraxi”di Barumini, infatti, non è un Nuraghe completo ma vi assicuro che la magia del luogo e il senso di soggezione  davanti alla sua maestosità rimangono comunque intatti. Ciò che sorprende maggiormente in un Nuraghe è costituito dal fatto che questi enormi massi si reggano uno sull’altro senza alcun utilizzo di leganti cementizi ma grazie alla cosiddetta “ tecnica ad aggetto” in cui le pietre del giro superiore della struttura tronco conica sporgono su quelle inferiori restringendo piano piano il diametro della struttura verso l’alto e terminando con una pietra di volta che chiude la struttura.

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Dai modellini di nuraghe (betili torre) che sono stati ritrovati, generalmente nelle capanne delle riunioni, possiamo, inoltre, desumere con un buon grado di certezza che i Nuraghe disponevano anche di terrazze presumibilmente costruite in materiale ligneo. Il Nuraghe di Barumini è un nuraghe complesso. Per complesso si intende che, oltre alla Torre centrale, dispone anche di altre torri, nel caso specifico quattro. Intorno al Nuraghe si possono ancora osservare i resti del villaggio circostante. Il villaggio era costituito di capanne con “ zoccolo in pietra” e struttura del tetto presumibilmente in legno, fango e argilla a cui poteva essere aggiunto un rivestimento in sughero in qualità di isolante. Personalmente mi sono soffermata a guardare e fotografare una capanna a settori divisa in singoli ambienti affacciati su un piccolo cortile. Sono stata incuriosita dalla presenza di un forno all’interno di un ambiente  circolare dotato di sedute di pietra in forma di  gradone circolare.

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Il mio animo da enogastronomoma è subito volato al pensiero di una panificazione familiare e alla condivisione del pane come momento di socialità ma chissà… Ma questo è proprio il maggior pregio di questi luoghi intrisi di mistero: il potere immaginifico ed evocativo che possiedono!!!  Questo tour intorno e all’ interno del Nuraghe, a dire tutta la verità, mi ha letteralmente devastata fisicamente! la causa principale è da attribuirsi al mio poco allenamento fisico!

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  Le scale sono davvero tortuose e le altezze, nelle scale, talmente ridotte da giustificare una postura abbastanza rannicchiata. Ho pensato che gli abitanti di allora non dovessero essere molto alti ma su questo pare che gli studiosi non siano concordi! A seguire abbiamo visitato casa Zapata che al suo interno racchiude come uno scrigno il tesoro di un altro nuraghe polilobato e fra gli altri oggetti esposti al museo vari reperti appartenenti all’ epoca nuragica.

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Fra questi, ovviamente per deformazione professionale e passionale, il mio preferito è una pintadera!

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Le pintaderas sono dei timbri che molto probabilmente venivano utilizzati per decorare il pane e forse per indicare chi aveva preparato quel pane. Ne esistono di bellissime e ho visto che qualche artista inizia a riprodurle in forma di ciondoli per collane ma mi sono ripromessa di trovarne una proprio per decorare il pane..magari la potrei far confezionare con il simbolo della mia famiglia!

Durante questa gita abbiamo pranzato “ al sacco”in pratica solo un piccolo panino col prosciutto e una bottiglietta d’acqua. Tornata a casa, dunque, mi andava di preparare qualcosa di sostanzioso e con una buona dose di ortaggi e verdure: un cous cous vegetariano! Per nulla in tema con la gita ma comunque molto adatto all’ occasione. Io preferisco non preparare le verdure tutte insieme in modo che ognuna mantenga un suo sapore. Se vorrete potrete aggiungere dei ceci o della carne ..Io oggi preferisco questa versione più light 😉

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Ingredienti per sei porzioni di cous cous:

  • Tre bicchieri e mezzo di cous cous
  • un peperone giallo
  • un peperone rosso
  • un peperone verde
  • Una melanzana
  • Tre carote
  • due zucchine
  • una cipolla bianca
  • un porro
  • due spicchi di aglio
  • Spezie per cous cous
  • Sale q.b.
  • Olio q.b.

Procedimento:

Mettere in forno sospesi su una gratella con sotto una teglia di scolo i peperoni e farli cuocere a 180 gradi fin quando la “ buccia” risulterà “bruciacchiata”. Toglierli dal forno e metterli in una busta di cartone, come ad esempio  quella del pane, per fargli perdere l’umidità e poterli così spellare più facilmente. Spellarli, tagliarli a striscioline, salarli e metterli in un recipiente ricoperti con dell’olio e uno spicchio d’aglio sminuzzato. Far soffriggere insieme cipolla, porro, carote, spezie e e zucchine e portare a termine le cottura aggiungendo, se necessario, pochissima acqua. Tagliare la melanzana a cubetti molto piccoli, tritare l’aglio e mettere tutto a cuocere in una casseruola con olio d’oliva e sale. Preparare il cous cous come indicato sulla confezione (ogni tipo di cous cous ha ,infatti, i suoi tempi e dosi di preparazione) aggiungere le verdure e servire in tavola.

 Io oggi ho preferito presentarlo in questa versione composta ma se preferite potrete presentarlo in versione classica!