Perdonate il mio ritardo nel pubblicare la ricetta del dolce che allieta da sempre la Pasqua della mia famiglia. Chissà in quanti l’avranno cercata in rete e io, invece, distratta da mille cose ho tardato nella pubblicazione. Questo dolce è la pastiera napoletana! I miei nonni materni avevano, infatti, un’amica Napoletana che in occasione della Pasqua ci regalava sempre una Pastiera! La confezionava, come impone la tradizione, il Giovedì Santo in modo che fosse perfetta, nella fusione armonica dei suoi ingredienti, per essere consumata il giorno di Pasqua. Rimaneva a fare bella mostra di se sul mobile alto del salotto in modo che io, a quei tempi piccina, non potessi arrivare a staccare qualche pezzetto di frolla o a portare via con il dito un po’ di zucchero a velo! Verso i quindici anni decisi di confezionare io la mia prima pastiera per farne dono a qualche amica e così, tramite mia nonna, ottenni la ricetta. A quei tempi credevo di possedere la ricetta originale poiché mi era stata svelata da un’autentica napoletana ma poi, col tempo, ho appreso che non esiste una ricetta originale di questo dolce e che ogni famiglia ha la sua pastiera. Ne ho assaggiate tante da allora e nessuna, infatti, si somiglia. Alcune hanno un gusto intenso di fiori d’arancio, in altre si sente preponderante il gusto speziato della cannella, in altre ancora la consistenza granulosa è più pronunciata e così via.
La ricetta più gradita al mio palato, fosse anche solo per una questione nostalgica, rimane però quella della pastiera sul mobile alto del salotto! Valorizzata dall’attesa della Pasqua e da una antica leggenda che avvolgeva le sue origini. Non c’è nulla di meglio di una leggenda e del rito dell’attesa per far apprezzare un dolce ad un bambino! Si ha l’impressione di mangiare qualcosa di magico, qualcosa di raro e prezioso. Questa leggenda attribuisce la paternità della pastiera agli Dei e narra la storia di una Sirena che abitava nel golfo fra Posillipo e il Vesuvio e che ogni primavera emergeva dalle acque per allietare col suo canto gioioso le genti del golfo. Queste ultime per riconoscenza fecero dono alla sirena di tutti gli ingredienti della pastiera.
Uova come simbolo della ciclicità della vita
Ricotta come omaggio dei pastori e dei loro animali
Fiori d’arancio in rappresentanza dei migliori profumi della terra
Grano e latte come omaggio dei due mondi: vegetali e animali
Farina come dono della campagna
Zucchero come ricompensa della dolcezza del suo canto
Spezie come dono dalle terre più remote
La sirena ricevette questi preziosi doni direttamente dalle mani delle sette fanciulle più belle che abitavano quelle terre e li depose ai piedi degli Dei che li trasformarono appunto nella Pastiera.
Da allora ho avuto modo di ascoltare tante altre storie legate a questo dolce. Un’amica, ad esempio. mi raccontò una versione un po’ diversa da quella che vi ho raccontato.
In questo racconto, a far dono degli ingredienti della pastiera sono le mogli dei pescatori che li offrono al mare per renderlo calmo affinché i loro mariti tornino sani e salvi a casa. Gli uomini tornarono a casa sani e salvi e il mare con le sue dolci onde mischiò gli ingredienti e restituì alle donne la pastiera.
La leggenda e le sue tante versioni diverse rimangono sempre fantasie e favole che si perdono nei tempi ciò che invece sembra plausibile è che la pastiera tragga la sua origine in tempi pagani legati al culto di Cerere, divinità che rappresentava la madre terra e la sua fertilità i cui doni erano appunto fiori, frutta e esseri viventi e che era rappresentata come una donna con in capo una corona di spighe e un canestro colmo di grano. La tradizione del grano o farro frammisto alla ricotta richiamerebbe anche il rito del matrimonio Romano.
Con l’avvento del Cristianesimo la storia di questo dolce si legò indissolubilmente alla festa Cristiana primaverile della Pasqua e in quanto dolce Pasquale fu preparata in tanti Monasteri.
Una storia più recente narra che Maria Teresa D’Austria, moglie di Ferdinando II conosciuta per essere una donna poco affabile e assai poco avezza al sorriso sorrise per la prima volta nell’assaggiare questo dolce. Si narra che Ferdinando secondo assai colpito dall’evento disse: “ Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.
I miei amici e parenti per fortuna sorridono più spesso ma il momento della pastiera rimane comunque uno dei più felici e più conviviali della nostra pasqua in famiglia.
Ingredienti per una pastiera di medie dimensioni:
Per la pasta frolla:
- 300 gr di farina
- 3 tuorli d’uovo
- 150 grammi di zucchero
- 150 grammi di burro
- La scorza di mezzo limone non trattato chimicamente.
Per il Ripieno:
- 80 grammi di orzo perlato (oppure 200 grammi di orzo in barattolo già messo in acqua)
- Mezzo litro di latte
- 350 gr di ricotta
- 100 gr di cedro candito
- Un pizzico di cannella
- 150 gr di zucchero
- La scorza di un’arancia grattugiata
- Due tuorli d’uovo
- Acqua di fior d’aranci
Per guarnire:
Albume d’uovo
Zucchero a velo.
Procedimento:
Disponiamo a fontana la farina e lo zucchero su una spianatoia e versiamo all’interno il burro leggermente ammorbidito, le uova e la scorza di limone grattugiata. Impastiamo fino ad ottenere un impasto omogeneo e formiamo una palla che lasceremo riposare, avvolta nella pellicola trasparente, in frigo per venti minuti.
Passiamo a preparare il ripieno.
Mettiamo in una casseruola il latte, l’orzo e la scorza d’arancia e facciamo cuocere finché il grano non avrà assorbito tutto il latte. In un contenitore capiente amalgamiamo la ricotta con lo zucchero, i tuorli d’uovo, l’acqua di fior d’aranci, la cannella, il cedro candito l’orzo ormai freddo e la scorza d’arancia.
Prendiamo la pasta frolla e stendiamo il primo strato nella tortiera, imburrata e infarinata, tenendo i bordi un po’ più consistenti. Versarvi all’interno il composto di grano e ricotta e ricopriamo con strisce ricavate con la pasta rimasta. Io oggi ho optato per l’aggiunta di qualche decorazione pasquale in pasta frolla modellata con delle formine per biscotti. Spennelliamo con l’albume d’uovo e inforniamo in forno preriscaldato a 180 gradi fino ad ultimare la cottura.
Sforniamo e lasciamo raffreddare per poi spolverarla con lo zucchero a velo.
e pensare che io non l’ho mai mangiata!!!! mi segno la ricetta… 🙂
Farla è meno faticoso di ciò che si pensi e il risultato finale ti ripagherà dell’impegno 😉 io la adoro!!!
si l’ho sempre vista come una cosa “sicuramente buonissima” ma poi alla fine non l’ho mai fatta ne mangiata! 😉 rimedierò!
hai allietato la mia pausa pranzo in questo venerdì lento che sembra non voler finire…quanta nostalgia…:-*)
Ciao Vale! Torna presto in terra Sarda! Ti aspetto per abbracciarti forte e per assaporare insieme tanti dolcetti 😉