Giorno di pioggia. Cielo grigio sul mare di Stintino che grida vendetta… si profila una giornata pigra sul divano a guardare film già visti. Le poco allettanti prospettive mi risvegliano dal torpore e con il mio entusiasmo da “piccolo esploratore” riesco a convincere la ciurma ad andare a visitare il sito archeologico di Monte D’Accoddi. In macchina, nel sedile posteriore con occhi fissi sul cellulare inizio a leggere ad alta voce informazioni su questo luogo. Le notizie sono più o meno queste: “Il complesso archeologico si trova a metà strada fra Sassari e Porto Torres e il suo nome, traducibile come monte di pietre, deriverebbe da un’antica carta catastale. Si tratta molto probabilmente di un altare, molto simile ad una Ziqqurat mesopotamica, alto otto metri e composto da pietre calcaree disposte in gradoni con una lunga rampa di accesso. Il termine Ziqqurat deriverebbe, infatti, dal verbo zaqaru (essere elevato, costruire alto), e si riferisce ad una costruzione in pietra a base quadrangolare gradonata con un tempio posto sulla sommità. La struttura Sarda è databile al 3200-2700 a.C. (culture di Filigosa e Abealzu). Alla sua base è posto un tempio più antico detto camera rossa o tempio rosso poiché dipinto con il rosso-ocra. Intorno al tempio sorgeva già dall’età del rame un villaggio comprendente la cosiddetta Capanna dello Stregone in prossimità della quale durante gli scavi sono stati ritrovati vasi e recipienti per alimenti, macine di pietra, pesi da telaio e un idolo. Oltre il tempio e il villaggio vi si trovano alcune tombe ipogeiche”. Le proteste della ciurma non si fanno attendere…dopo circa mezz’ora di informazioni lette sul cellulare l’intera compagnia si lamenta e invoca pietà e i più si chiedono cos’hanno fatto di male nella vita per meritare tutto questo… continuo la lettura in modalità silenziosa per non infierire oltre “ I primi scavi in questo sito risalgono agli anni 50 sotto la direzione dell’Archeologo Ettore Contu e poi sono stati interrotti e ricominciati in tempi diversi. Solo nello scavo del 1979-1989 condotto dal professor Santo Tinè venne scoperto il tempio rosso che si ritiene fosse stato in parte distrutto da un incendio e in seguito sostituito dal nuovo tempio che andò anch’esso in parte distrutto durante la seconda guerra mondiale che lo vede impiegato come alloggiamento della contraerea”.
Finalmente arriviamo sul luogo, ci sono ancora un po’ di nuvole ma il tempo è decisamente migliorato. Un silenzio irreale ci avvolge appena scesi dall’auto e un lungo viale alberato e circondato da un dominante colore giallo si apre ai nostri occhi e guida i nostri passi. Mi sento felice mentre percorro la strada e scorgo fra i rami di alberi verdi enormi rotoballe dorate che si stagliano sul celeste del cielo ornato di nuvole bianche da cartone animato! In lontananza compare l’altare, me lo trovo alla mia sinistra, alto e imponente e carico di mistero! Mi sento presuntuosamente una piccola Winckelmann in erba 😉
Una ragazza giovane, bruna, molto gentile ci viene incontro e ci informa che la visita ha un costo di tre euro e comprende i servizi di una guida esperta. Dopo l’espletamento delle varie formalità la visita ha inizio davanti ad una pietra levigata di forma ovoidale.
Si tratta del cosiddetto Omphalos ovvero una pietra sacra che ricorda l’omphalos di Delfi e che forse rappresenta anch’essa l’ombelico del mondo, il centro del mondo! Forse un oracolo, dunque, o più semplicemente una rappresentazione del sole. Avrei giusto qualche domandina da rivolgere all’oracolo ma un’altra pietra poco distante attrae la mia attenzione. Si tratta di una pietra più piccola sempre sferoidale che mi dicono sia stata ritrovata non distante dal luogo di ritrovamento del cosiddetto Omphalos e sulla quale ancora ci si interroga ma che potrebbe forse rappresentare la luna. La guida però la supera piuttosto frettolosamente per condurci entusiasta davanti al cosiddetto altare sacrificale. Si tratta di una pietra di forma trapezoidale caratterizzata da fori passanti, rialzata sopra un inghiottitoio naturale. Per questo motivo si è pensato che potesse trattarsi di un altare sacrificale. I sette fori passanti potevano, infatti, essere utilizzati per legare le vittime dei sacrifici. Alcuni si inchinano per vedere sotto la pietra, toccare i buchi e scrutarvi all’interno mentre altri, più scettici, storcono il naso davanti a quella che gli appare come solo una pietra forata ben lontana dal poter anche solo sembrare, ai loro occhi, un altare.
Nel Lato opposto della rampa c’è un Menhir di calcare piuttosto alto che è stato trovato in loco ed è stato rialzato e ricollocato.
La guida in lontananza ci mostra indicando con il dito altri due Menhir nelle immediate vicinanze e poi si inizia subito la salita verso la “ cima del Tempio”.
Gradone dopo gradone mi rendo conto che non sono poi così in alto e che più che di un monte si tratta di una collinetta però l’emozione è la stessa. Penso a ciò che ho appreso da alcune letture fatte in passato ovvero che molto probabilmente gli antichi credessero che il cielo e la terra in quel punto, sulla cima di questa altura, si incontrassero in un intimo bacio elevando il fedele verso la divinità e portando quest’ultima più vicina alla terra. Non so se fosse davvero così o se fosse visibile la stella del sud o se ancora vi si svolgessero riti legati alla fertilità, so soltanto che dalla sommità del tempio, anche se non altissimo, riesco a vedere nitidamente tutto il territorio circostante ed è un gran bello spettacolo. Dall’alto si percepisce più chiaramente la forma dell’altare e le proporzioni della rampa.
La guida ci fa notare la parte di altare che è stata ricostruita che è oggi separata “dall’originale” tramite una striscia di cemento.
Io non resisto e chiedo subito se è possibile accedere al tempio rosso ma purtroppo non è accessibile e la guida mi confessa di non averlo mai potuto visitare. Che peccato! ammetto di essere un po’ delusa dalla notizia. Penso, dunque, di nutrire la mia immaginazione concentrandomi sulle energie sottili che si dice promanino dalla terra in luoghi come questo. La guida mi conferma che molte persone si recano in loco per guarire da dolori articolari, mal di testa e nevralgie! L’idea mi fa sorridere e incuriosita mi guardo intorno per trovare i pazienti del dottor Tempio ma sono sfortunata e non ne trovo nemmeno uno così mi concentro sulla cosiddetta capanna dello Stregone.Questa era un bel “Pentavano”ricco di ceramiche e oggetti vari. Vi è stato, infatti, ritrovato un trepiedi sul focolare, vasi grandi e piccoli, un idolo femminile, pesi da telaio, macine di pietra ed altri oggetti. Molto probabilmente venne distrutta da un incendio. A proposito di idoli in prossimità dell’altare sono state ritrovate anche le tipiche statuette rappresentanti la Dea madre delle isole Cicladi ovvero quella di forma più affusolata e cruciforme. (Detto fra noi a me sta più simpatica la Dea Madre steatopigia decisamente più in carne e perciò più feconda ma comunque la Dea madre in quanto tale è una divinità a dir poco interessante).
Un altro reperto che è stato trovato alla base dell’altare è rappresentato dalla testa del cadavere di un bambino e dato che vicino c’è un altare sacrificale l’immaginazione spazia verso scenari macabri in cui vengono offerti sacrifici umani e addirittura bambini. Ma forse è colpa dei troppi film dell’orrore trasmessi in tv perché non vi è nessuna prova che in questo tempio si svolgessero simili rituali e si pensa piuttosto al sacrificio di animali.
Questo è davvero un luogo carico di fascino e mistero che spalanca le porte dell’immaginazione verso il mondo del possibile, del plausibile e del probabile.